IL TUO POTENZIALE COMUNICATIVO

Massimizza il tuo potenziale: Ripassiamo le caratteristiche chiavi del triangolo

La prima volta che sentiamo parlare del triangolo è in prima elementare, dove impariamo che i triangoli sono di diversi tipi in base alla lunghezza dei lati e all’acutezza degli angoli.
Impariamo, quindi, che esistono diversi tipi di triangoli: quello equilatero, isoscele, scaleno e rettangolo. Passiamo alle scuole medie e ripassando la geometria ancora ci troviamo davanti ai nostri triangoli.
Cosa succede alle scuole superiori? I nostri cari triangoli ormai diventano parte della famiglia. Ci avrai a che fare per tanto tempo, ne studierai ogni dettaglio, li troverai nei problemi, ne dovrai calcolare i perimetri.
Le caratteristiche principali dei triangoli sono:

  • Ripetitivi, hanno tutti 3 lati e 3 angoli
  • Inconsapevoli, quando risolviamo un problema non sappiamo come abbiamo fatto
  • Negativi il voto più alto ha sempre davanti un meno

Comunicazione efficace: Le caratteristiche che è importante conoscere

Una cosa che non ci hanno mai detto sui triangoli, né alla scuola elementare né alle scuole medie né tantomeno alle scuole superiori è che i triangoli non abbandoneranno mai la famiglia di cui fanno parte. Quindi, anche se all’università deciderai di studiare filosofia, i triangoli faranno sempre colazione con te sin dalla mattina appena sveglio.
La cosa bizzarra è che non ci è mai stato fatto cenno ad un triangolo dal nome “Triangolo Drammatico”. Di questo triangolo non conosciamo nulla, non ne conosciamo la lunghezza dei due lati né gli angoli. L’unica cosa certa è che anche lui come gli altri triangoli, è ripetitivo, inconsapevole, negativo ed aggiungiamo invadente. Ovunque andiamo è lì con noi non ci lascia mai un po’ di privacy.
A causa sua ci sentiamo svalutati, arrabbiati e poi alla fine della conversazione ci sentiamo come se facessimo parte delle pedine di un gioco, perso da entrambe le parti coinvolte. Questo può avvenire durante la relazione con i nostri amici, familiari ma anche con sconosciuti come, ad esempio, la cassiera del supermercato o il signore in fila ai tabacchi.
A questo punto mi preme molto dare qualche nozione in più su questo triangolo, che non ci servirà per fare di conto ma per prestare più attenzione al ruolo che ci piace di più quando ci relazioniamo con gli altri. Si tratta di un triangolo a cui vertici invece di trovare le lettere “A” “B” “C”, troviamo “S”, “P” e “V”.

La potenza della comunicazione: “salvatore” “persecutore” e “vittima”

Le tre caratteristiche nel dettaglio

Specifico che Il triangolo drammatico serve a mappare le interazioni tra le persone e viene utilizzato per evidenziare in che relazione queste si mettono tra loro e mette in risalto i rapporti di potere e la responsabilità nei conflitti. Ogni persona ha un ruolo ben preciso in questa interazione e dal ruolo che decidiamo di prendere derivano conseguenze verso sé e gli altri.
I ruoli sono tre, come i vertici del triangolo:

La Vittima che dice “povero me!” È colei che cerca e ottiene attenzione perché sia il Persecutore che il Salvatore si concentrano su di lei. Il ruolo di vittima soddisfa il bisogno di dipendenza e permette di evitare le responsabilità perché delega la motivazione delle sue azioni all’esterno. Non si tratta di una vittima reale ma solo di una persona che recita questa parte. Si sente oppressa, accusata, disperata. Sembra incapace di prendere decisioni, di risolvere problemi e trovare soluzioni.

Il Persecutore che, invece, accusa gli altri con lo schema “è tutta colpa tua!” è controllore, ipercritico, oppressivo e giudicante. Si sente superiore e manifesta la sua grandiosità presunta. Quella del persecutore è una maschera indossata per evitare di ascoltare i propri sentimenti e per non venire divorato dalle proprie paure. Una specie di distorsione violenta dalla realtà che si agita proiettando la propria forza su chi è più debole.

Infine, il Salvatore è colui che asseconda dicendo: “ti aiuto io!”. Ha il ruolo di aiutare la vittima. Così si sente buono, moralmente superiore, giusto. Aiutando un’altra persona, però, evita di aiutare sé stesso. Scappa dai propri problemi e sentimenti. Quando non riesce a salvare gli altri diventa frustrato. Essere aiutata dal Salvatore, però, non fa bene alla Vittima perché la rende incapace di prendersi le sue responsabilità e pertanto resta vulnerabile al Persecutore.

La vittima svaluta sé stessa, esprime dolore e debolezza, nasconde la forza. Il persecutore svaluta l’altro, esprime forza e aggressività, nasconde debolezza e paura. Il salvatore svaluta gli altri due, esprime bontà e interesse, nasconde bisogni personali e solitudine.
Da un vertice del triangolo si può passare all’altro, scambiandosi i ruoli e creando insoddisfazione, incomprensione e confusione.
Il nostro triangolo, fa parte di una specifica interazione tra persone. Ti sarà capitato di esserti trovato in una situazione nella quale, dopo aver parlato con un amico o conoscente, tu e l’altro alla fine vi siete entrambi sentiti a disagio. Pensando: «Perché continua a succedermi questo?», «Come mai è successo di nuovo?».
Se hai vissuto questa esperienza è molto probabile che fossi dentro un gioco.

Svelati i ruoli chiave: Cosa sono i giochi psicologici?

La definizione di gioco data da Berne è: “Il gioco psicologico è una serie ricorrente di transazioni, spesso ripetitive, apparentemente razionali e con una motivazione nascosta…una serie di operazioni con un trucco”.
Per Eric Berne, fondatore dell’analisi transazionale, il gioco non è un’attività libera ma un comportamento ripetitivo che adottiamo in modo inconsapevole in base ad un copione che abbiamo scritto nell’infanzia e che seguiremo fino alla conclusione della nostra vita.
Berne individua il primo di questi giochi nel 1958 nel “Perché non…? Sì, ma…”. Ti dice qualcosa? Ti sei mai trovato a proporre una soluzione ad un amico/collega/cliente…e lui te la boccia?
Ecco un esempio di questo gioco:
Luca dice Chiara: “è successa una tragedia, sono stato licenziato e non so da che parte iniziare per la ricerca di una nuova occupazione”. Chiara risponde: “mi dispiace, cosa posso fare per aiutarti?” Luca risponde: “Non lo so”
Chiara propone: “Perché non guardi gli annunci?” Lui risponde: “Non saprei dove guardare”
Chiara si rende disponibile e ribatte: “Potrei aiutarti a cercare”, ma Luca risponde: “Non voglio disturbare e poi non saprei cosa cercare”.
Chiara continua ad offrire con piacere il suo aiuto, ma Luca conferma con forza la sua volontà di non volere rappresentare un peso.
Tra i due cade il silenzio ma Chiara fa il possibile per cercare nuove idee e soluzioni, Luca invece si alza e la saluta dicendo: “Grazie, comunque, per aver cercato di aiutarmi” e va via.
La conclusione è che Chiara si domanda cosa sia accaduto e prova tristezza, Luca invece si sente arrabbiato poiché pensa che nessuno sia in grado di capirlo e aiutarlo.

E TU, A CHE GIOCO GIOCHI?

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